L’ASFISSIA PERINATALE

Nascere è un’avventura affascinante. Ma è la prima vera sfida della vita perché può comportare qualche pericolo: l’asfissia perinatale è uno di questi.

MA CHE COS’È L’ASFISSIA PERINATALE?

Potremmo definirla come una grande difficoltà nel passaggio dalla vita fetale a quella autonoma post-natale: il piccolo nascituro si ritrova a non avere efficienti quelle “normali” attività che vengono definite vitali.

In questi casi, infatti, il neonato non piange vigorosamente, non ha un respiro autonomo valido, non ha un’attività cardiaca efficace (frequenza cardiaca assente o ridotta), ha un tono muscolare insufficiente (ipotonia), non è reattivo agli stimoli tattili e non reagisce bene neanche nel momento in cui, come da procedura abituale, gli viene posizionato un sondino nel naso.

Possiamo misurare tutte queste condizioni (il battito del cuore con la frequenza cardiaca, il tono muscolare, l’attività respiratoria, la risposta a stimoli ambientali ed il colorito della pelle) con l’indice di Apgar, maggiore o uguale a 6 nei casi normali.

QUANTO È FREQUENTE?

L’asfissia perinatale è un fenomeno ubiquitario, può capitare in qualsiasi punto nascita ed è, purtroppo, estremamente imprevedibile. Soltanto nel 20-40% dei casi, le difficoltà che colpiscono il feto nella fase di travaglio sono precedute da un evento sentinella (distacco di placenta, prolasso del cordone, rottura d’utero e così via) che induce ad un taglio cesareo di emergenza, diversamente invece ci si accorge dei problemi del neonato solo al momento della nascita.

Le condizioni di difficoltà del neonato alla nascita sono tali che circa il 2-3% di tutti i nuovi nati (nel mondo occidentale, non ci sono dati dei paesi in via di sviluppo ma si immagina che possano essere molti di più che in occidente) ha bisogno di “aiuto”, ovvero necessita di manovre di rianimazione.

La prima da eseguire è la ventilazione con mascherina, manovra spesso sufficiente per far “ripartire” bene il neonato, altre volte invece è necessario far di più: dall’intubazione tracheale (circa l’1% dei casi) al massaggio cardiaco fino ad arrivare, nei casi più estremi, alla somministrazione di farmaci salvavita come l’adrenalina.

PRINCIPALI RISCHI E PROBLEMI

Alcuni neonati con queste difficoltà, con asfissia, se pur adeguatamente aiutati, possono sviluppare  una sindrome post-asfittica, una vera e propria encefalopatia (una sofferenza cerebrale con segni clinici come le convulsioni) che può essere associata a importanti esiti a distanza.

Questi disturbi possono osservarsi man mano che il bimbo cresce e vanno da una iniziale difficoltà ed incapacità ad alimentarsi normalmente (non sono capaci di succhiare al seno o al biberon) a disturbi di tipo epilettico, a quelli nel campo visivo (non agganciano gli oggetti con lo sguardo, non sorridono quando hanno di fronte un viso umano dopo i due mesi di vita ma arrivano a farlo molto più tardi).

Importanti sono anche i problemi motori che si fanno sempre più ovvi ed evidenti con la crescita del bimbo anche per i non medici (tecnicamente sviluppano una paralisi cerebrale infantile). Per ultimi si fanno progressivamente più evidenti una serie di deficit cognitivi con disturbi del linguaggio più o meno gravi che rendono la vita di questi bimbi molto difficile per loro stessi e per chi gli vive accanto.

In assenza di eventi sentinella, che determinano la necessità di un parto cesareo d’urgenza, è possibile prevedere una “nascita difficile” solo attraverso la valutazione dell’andamento della frequenza cardiaca (monitoraggio del battito cardiaco fetale) del feto che sta per diventare neonato.

Capire la sofferenza neurologica di un “neonato” ancora feto, ancora attaccato al cordone ombelicale e all’interno del canale del parto, osservando il solo andamento della sua frequenza cardiaca è una operazione estremamente difficile, specie perché questa interpretazione non sempre è così banale.

COM’È POSSIBILE PREVEDERE UNA NASCITA “DIFFICILE”?

La valutazione della frequenza cardiaca è abbastanza chiara e poco discutibile solamente quando il tracciato cardiaco è agli estremi di uno spettro di possibilità: quando indica un andamento chiaramente normale, (in termini medici, fisiologico, con una confortante variabilità) oppure quando è francamente patologico (ad esempio al sopraggiungere di gravi bradicardie in presenza o meno di una contrazione uterina).

La maggioranza dei casi con nascita di un bimbo asfittico è, invece, caratterizzata da tracciati con un andamento di un battito cardiaco fetale non di facile né univoca interpretazione, un tempo definito tracciato “poco rassicurante” ed oggi più asetticamente definito di “tipo 2” per differenziarlo da quello fisiologico (tipo 1) e da quello patologico (tipo 3).

Il tracciato di “tipo 2” non impone, né tantomeno suggerisce, di dover eseguire un taglio cesareo di urgenza, diversamente da quanto avviene con il tracciato di “tipo 3”.

PERCHÉ BISOGNA STUDIARE L’ASFISSIA PERINATALE?

Conoscere e studiare sempre di più questi aspetti non solo può aiutare un maggior sviluppo della qualità assistenziale, ma favorire anche la ricerca medica sulla qualità della nascita che ogni società civile vorrebbe e dovrebbe poter garantire al meglio, nonostante si tratti di un’impresa difficile.

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